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UN MONDIALE MENO PREVEDBILE DI QUANTO SEMBRI

  • Immagine del redattore: Simone Marchetti Cavalieri
    Simone Marchetti Cavalieri
  • 20 mag
  • Tempo di lettura: 3 min

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Per chi pensava che il mondiale fosse già incanalato in una sfida interna tra le due McLaren, il weekend di Imola ha offerto una risposta diversa. A Miami avevamo intravisto i segnali: la MCL39 è una macchina velocissima, soprattutto in condizioni ideali, ma la Red Bull non è affatto tagliata fuori dalla partita. Lo ha dimostrato ancora una volta Max Verstappen, con una vittoria costruita con classe e determinazione.


La RB21 non è all’altezza della McLaren in termini di costanza e velocità pura, ma nei circuiti guidati, dove le gomme posteriori non vengono troppo sollecitate, riesce ancora a dire la sua. Non sarà un’astronave, ma nemmeno un rottame ambulante. Se poi la guidi con il talento di Max, allora può diventare un’arma letale. L’attacco in curva 1 è stato un esempio perfetto: aggressivo, pulito, deciso. Certo, Piastri ci ha messo del suo con una difesa rivedibile, ma il risultato resta: seconda vittoria stagionale e un passo gara davvero solido.


E le McLaren? A Imola qualcosa si è inceppato. Le prestazioni non sono mancate, ma la qualifica ha inciso pesantemente. Piastri ha fatto un ottimo lavoro trovando la pole, anche con un po’ di caos alla Rivazza 1. Norris, invece, ha sbagliato di nuovo nel momento decisivo. L’impressione è che i margini per estrarre il massimo in qualifica siano ancora limitati. La MCL39 è un’auto performante, sì, ma anche estremamente nervosa al limite. Gli errori dei piloti non sono casuali: mettere insieme i tre settori perfetti resta un’impresa. E in un campionato così tirato, ogni sbavatura in qualifica può costare caro.


Nonostante tutto, Norris ha rimontato bene in gara, salvando in parte un fine settimana complicato.


Capitolo Ferrari: dopo un sabato da dimenticare, il quarto e il sesto posto hanno quasi avuto un sapore di rinascita. E questo, di per sé, racconta molto dello stato attuale dei valori in campo. Leclerc ha mostrato un buon ritmo, anche se penalizzato dalla Virtual Safety Car. Ma diciamocelo: il podio era davvero alla portata di Maranello? Difficile crederlo. Nella migliore delle ipotesi avrebbe potuto aspirare a un quarto o quinto posto. Ma si sa, quando c’è Leclerc, ogni scenario viene inevitabilmente romanzato dai media tricolori.


Hamilton ha fatto una buona gara, forse la più solida del suo 2025 finora, rimanendo quasi costantemente sui livelli del compagno di squadra. Discorso diverso per Mercedes nel complesso: ritmo mai veramente competitivo e weekend deludente. Antonelli, in particolare, ha vissuto un fine settimana da dimenticare. Serve resettare in fretta.


Tra le note positive, ancora una volta, spicca Albon. Solido, veloce, costante. Altro che schiacciato dall’arrivo imminente di Sainz: il tailandese sta costruendo una stagione più che rispettabile. Peccato, invece, per le Aston Martin, condizionate pesantemente da VSC e Safety Car.


Chiudiamo con il tema più dibattuto del dopo gara: la scelta delle gomme nel finale. C’è chi ha gridato allo scandalo perché la Ferrari non ha montato le soft su Leclerc. Ma bastava ricordare cosa è successo in qualifica: la mescola C6 faticava a reggere anche un solo giro lanciato senza surriscaldarsi. Dieci o dodici giri in gara sarebbero stati un suicidio. Aston Martin, ad esempio, aveva gomme rosse nuove, ma ha scelto di non usarle nemmeno con la gara ormai compromessa. Eppure, in Italia, si è preferito montare il caso mediatico: la Ferrari avrebbe dovuto assecondare il “cuore” di Leclerc. Ma il cuore, in Formula 1, raramente vince contro la strategia.



© Simone Marchetti Cavalieri

 
 

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