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UN MIX DI COSE GIÀ VISTE

  • Immagine del redattore: Simone Marchetti Cavalieri
    Simone Marchetti Cavalieri
  • 23 giu
  • Tempo di lettura: 3 min
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Non ho scritto subito del Gran Premio del Canada. Non per mancanza di tempo o di voglia, ma per scelta. Perché, a volte, il rumore attorno a un evento è più forte della sostanza che lo compone. E questa gara, con tutto il suo potenziale, è sembrata più una somma di elementi già noti che una pagina nuova nel libro di questa stagione.


Quando si spoglia la cronaca dalle emozioni immediate, restano in mano dinamiche che conosciamo fin troppo bene. Norris che sbaglia. Ferrari che (secondo la narrativa collettiva) sbaglia. Mercedes che, per una volta, non spreca. E così il GP del Canada 2025 scivola via come un collage di racconti già letti.


La vittoria di George Russell è una bella notizia. Non tanto per la sorpresa, perché Mercedes aveva mostrato segnali concreti già all’inizio del weekend. Quanto per il modo in cui è arrivata: con lucidità, passo, gestione. In un contesto dove molti hanno sbagliato, lui ha scelto di non sbagliare. E questo, nel caos ordinato della Formula 1 moderna, è spesso il margine che fa la differenza.


Russell ha capitalizzato. Ha tenuto la testa quando la gara chiedeva freddezza e ha dimostrato di saper chiudere un weekend importante con l’autorità del leader. Finalmente. Dopo tante occasioni sfumate, pole vanificate e buone prestazioni non convertite, il George visto a Montréal sembrava il fratello maturo di quello che — troppe volte — aveva lasciato il pubblico con qualche dubbio di troppo.


C’è poi l’unica “novità”: il primo podio di Andrea Kimi Antonelli. Il classe 2006 è salito sul podio con la disinvoltura di chi non ha ancora capito fino in fondo quanto sia difficile star lì. E forse è proprio questo il suo punto di forza.


Antonelli ha portato a casa un risultato pesante. Non è stato fortunato: è stato solido. Ha approfittato delle occasioni, ha letto bene la gara e ha mostrato un’ottima gestione della pressione. È presto per parlare di consacrazione, ma questo è il tipo di podio che resta: per lui, per Mercedes, per chi cerca nel futuro un motivo per guardare avanti.


Norris l’ha fatta grossa, ritirandosi dopo un grossolano errore di valutazione — subito riconosciuto — nella lotta con Piastri. Anche qui, poco da dire: il punto non è il singolo errore. Il punto è che, in un mondiale tirato, certi sbagli diventano pesanti. Non conta più solo andare forte. Serve essere chirurgici. E Norris, troppo spesso, si dimostra più artista che esecutore.


Infine, il solito processo alla Ferrari. Con la rapidità e la semplicità che il pubblico digitale ama. Stavolta, nel mirino, la strategia: troppo conservativa, troppo indecisa, troppo poco lucida nel leggere le fasi mutevoli della gara.


Ma la verità — come spesso accade — è più sfumata. La Rossa non ha brillato, ma non è nemmeno crollata. E soprattutto, ha pagato la sua posizione iniziale e una gestione gomme complessa su una pista che, storicamente, non perdona chi non è davanti. Continuare a parlare di “errori strategici” come fosse un mantra non aiuta a capire. Serve un’analisi più matura, più fredda, meno isterica.


Il GP del Canada 2025 è stato — semplicemente — un mix di cose già viste. Una corsa solida, intensa, ma priva di veri spunti narrativi. Un’occasione per celebrare un podio giovane e una vittoria meritata, ma non il crocevia che cambia la stagione.


Per questo ho scelto di non scriverne subito. Perché non tutto merita l’istinto del commento a caldo. A volte serve lasciare sedimentare. E riconoscere, con onestà, che non ogni gara fa storia. Alcune, semplicemente, la confermano.



© Simone Marchetti Cavalieri

 
 

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