NO, SPA NON È STATA UNA FARSA
- Simone Marchetti Cavalieri

- 30 lug
- Tempo di lettura: 3 min

Non serve girarci intorno: la gara di Spa non è stata uno scandalo, ma nemmeno un esempio da manuale di gestione sportiva. Con queste vetture e in queste condizioni, Spa-Francorchamps è uno dei posti meno adatti dove correre con visibilità scarsa o pista insidiosa. Tuttavia, la decisione della direzione gara — aspettare oltre un’ora per dare il via quando ormai la pista era quasi asciutta — ha lasciato spazio a molti interrogativi. Il risultato non è stato falsato, ma certamente influenzato. In modo evidente.
Il paragone con Silverstone viene naturale: lì si è corso sotto un vero acquazzone, senza tutte queste esitazioni. A Spa invece si è scelto un approccio diametralmente opposto. E questa differenza ha inciso sulle strategie. Verstappen, per esempio, aveva puntato su un assetto scarico per la qualifica, accettando il rischio in caso di pioggia. A Spa, invece, chi ha sacrificato il sabato per prepararsi alla gara è stato penalizzato da una direzione gara eccessivamente attendista.
Il problema non è il singolo episodio. È la mancanza di coerenza. Se d’ora in poi si aspetterà sempre una pista asciutta prima del via, che almeno venga chiarito, per evitare scelte tecniche fatte al buio. Questa volta se ne parlerà poco perché la lotta mondiale è ristretta a Piastri e Norris, che non hanno interesse a prendere rischi estremi. Ma cosa sarebbe successo se ci fossero stati più contendenti al titolo? Il rischio che certe decisioni finiscano per favorire uno e danneggiare l’altro è reale — e francamente inaccettabile.
La gara, al di là di tutto, è stata piuttosto noiosa. Il motivo è semplice: a Spa, se ti trovi dietro un’auto più lenta ma con assetto da asciutto, spesso ci resti — anche con il DRS. Hamilton ha sfruttato bene le fasi iniziali, recuperando posizioni e anticipando la sosta. Ma una volta dietro ad Albon, la sua corsa si è congelata. Idem per Verstappen: anche volendo attaccare, Leclerc aveva un passo molto simile, se non leggermente migliore.
Infine, il duello tra Piastri e Norris. Perché tutte queste polemiche? Norris ha perso trazione all’uscita di curva 1 — una situazione identica a quella vissuta da Verstappen nella sprint sull’asciutto — e Piastri ne ha approfittato con freddezza e precisione. Lando ha poi rimontato subito, segno che ne aveva. Ma il pit stop al giro dopo, rallentato anche da un problema all’anteriore sinistra, lo ha fatto ripartire con 9 secondi di distacco. Pista ancora scivolosa, poca aderenza e pressione: ha commesso un paio di sbavature, ma non mi pare nulla di scandaloso.
Quello davanti a lui ha la stessa macchina, è il leader del mondiale, e ha mostrato una forma strepitosa. Eppure a Norris sembra non venga mai perdonato nulla. A Spa, in quelle condizioni, fare due lunghi in 30 giri mentre provi a colmare un gap del genere non è la fine del mondo. Ma forse sono io ad avere aspettative più realistiche.
Il punto è che questa lotta per il titolo è bella. Due giovani fortissimi, leali e concentrati, che si rispettano dentro e fuori dalla pista. Nessun teatrino, nessuna guerra psicologica. Solo talento e velocità. Ma pare non basti: c’è sempre chi vuole lo scontro, la tensione, l’esagerazione — persino nel modo in cui esultano.
E invece no: sono i duellanti giusti. Forse non quelli che ci meritiamo, ma certamente quelli di cui avevamo bisogno.
© Simone Marchetti Cavalieri

