LA PROVA DEL NOVE PER I TOP TEAM
- Simone Marchetti Cavalieri

- 8 lug
- Tempo di lettura: 3 min

Gare come queste, su piste complete e in condizioni meteo complesse, hanno un valore speciale: svelano senza pietà le vere qualità — e i limiti — delle monoposto. A Silverstone, la combinazione di curve ad alta velocità, sezioni lente e pioggia intermittente ha funzionato come un test perfetto per capire davvero dove si trovano oggi McLaren, Red Bull, Ferrari e Mercedes.
McLaren: specialisti dell’equilibrio tecnico
La McLaren ha confermato quanto già si intuiva da tempo: la MCL39 è tra le auto più bilanciate e versatili in griglia. Anche con un assetto meno ideale, necessario per adattarsi al layout della pista, è riuscita a esprimere un grip meccanico impressionante. Il team di Woking predilige configurazioni aerodinamiche piuttosto scariche per limitare le perdite nei rettilinei, sfruttando però al massimo la trazione e la stabilità nei tratti misti. La vera forza emerge sui circuiti complessi, dove convivono curve lente e ad alta velocità: Jeddah, Barcellona, Melbourne, Spielberg. In queste condizioni la McLaren domina nel lento senza soffrire troppo nel veloce, al contrario di altre monoposto più instabili sull’avantreno. Dove invece il layout è meno tecnico e più orientato alla velocità pura — come a Monza o in Canada — il vantaggio si riduce sensibilmente.
Red Bull: genialità a rischio
In casa Red Bull, ancora una volta è Max Verstappen a tenere in piedi l’intero progetto. Ma questa volta, anche lui ha dovuto fare i conti con i limiti della RB21, resa difficile da un assetto troppo estremo per le condizioni variabili del weekend. Con il posteriore instabile e poco grip, l’olandese ha faticato a tenere in pista la vettura già nei primi giri. L’errore alla ripartenza ha completato un quadro complicato, ma il segnale più chiaro riguarda la filosofia tecnica del team: quando Red Bull osa con configurazioni aggressive per ottenere il massimo in qualifica, Max riesce a tirare fuori il giro perfetto. Ma in gara, appena le condizioni si deteriorano — sia per caldo eccessivo che per umidità — la gestione del degrado diventa un problema serio.
Ferrari: velocissima, ma solo a metà
La SF-25 ha mostrato in modo quasi brutale i suoi estremi: eccellente nelle curve veloci, impresentabile nel lento. Le immagini in gara erano eloquenti: Hamilton perdeva tempo seguendo Gasly nell’ultimo settore, faticava nel primo, ma poi recuperava tutto da Copse a Stowe. In quel tratto la Ferrari vola, è al livello — se non oltre — di McLaren e Red Bull. Ma il guaio è che perde troppo nelle sezioni lente. E in condizioni miste, questa forbice si allarga ancora di più. È probabile che la rossa fosse tra le peggiori nell’ultima esse. Hamilton è stato bravo a gestire un’auto complicata e nervosa, spingendo dove poteva per compensare i limiti altrove. Senza l’errore nel giro di uscita dopo il passaggio alle slick, sarebbe probabilmente salito sul podio. Ma resta una prestazione positiva, soprattutto se confrontata con quella di Leclerc, mai veramente in partita. Se Lewis ha commesso errori, lo ha fatto spingendo. Charles no.
Mercedes: l’equilibrio che non incide
Infine, la Mercedes: una monoposto che si comporta dignitosamente su tutti i tipi di curva, ma che non brilla in nessuna area. La piattaforma tecnica mantiene una certa coerenza con il passato e consente una competitività media costante, ma manca di un punto di forza chiaro da poter sfruttare. A Silverstone, questo si è tradotto in una gara solida, ma senza guizzi, né nel veloce né nel misto.
© Simone Marchetti Cavalieri

