IL PACCHETTO PERFETTO CONTRO I LIMITI MCLAREN
- Simone Marchetti Cavalieri
- 9 set
- Tempo di lettura: 2 min

Ogni volta è necessario chiarirlo subito: considero Verstappen uno dei migliori piloti che la Formula 1 abbia mai visto. È bene ribadirlo, perché altrimenti qualsiasi osservazione rischia di sembrare una critica fuori contesto. Detto questo, alcune cose per me sono “normali”, pur essendo imprese non comuni per altri.
A Monza non ha vinto una monoposto inferiore guidata da un fenomeno. Ha vinto il pacchetto più forte: Verstappen e Red Bull. Certo, con un altro pilota difficilmente sarebbe arrivato lo stesso risultato — almeno non con quella autorevolezza — ma non parliamo di un episodio miracoloso. Era piuttosto prevedibile. Già da tempo si sapeva che Monza sarebbe stata la pista più ostica per McLaren: la MCL39 è eccellente in quasi tutto, ma continua a soffrire sul fronte dell’efficienza aerodinamica. Altrove è un difetto che si maschera, a Monza no. E a complicare il tutto c’è il fatto che sul tracciato brianzolo il degrado gomme è minimo, togliendo alle McLaren uno dei loro punti di forza principali.
Con queste condizioni, e con una Red Bull che storicamente si esprime bene a medio-basso carico, lo scenario era quasi scritto. Lo si era visto già a Silverstone e a Spa. Qui, con un consumo gomme praticamente inesistente, Verstappen ha potuto fare la differenza con estrema facilità, come dimostrato dal modo in cui ha ripreso, superato e distanziato Norris.
Monza è una pista particolare: se azzecchi l’assetto, puoi guadagnare anche un solo decimo al giro, che lì equivale a tre o quattro altrove. Red Bull ha trovato il compromesso ideale, partendo da un assetto simile a Spa e scaricandolo progressivamente. Non tutti ci sono riusciti: basti vedere il confronto con Tsunoda.
Anche la pole position è un segnale chiaro: senza scie e senza errori degli altri non la ottieni. La macchina era veloce, e Verstappen l’ha sfruttata come solo lui sa fare. Già a Silverstone aveva sorpreso restando competitivo in curva con un assetto molto scarico; a Monza ha semplicemente confermato quel livello. Ferrari invece ha pagato la difficoltà nel trovare il giusto equilibrio tra velocità sul dritto ed efficienza nelle curve.
Perché allora stupirsi così tanto di questa vittoria? Perché spesso si dà per scontato che la McLaren abbia un margine abissale sul resto del gruppo. E quando Max rifila venti secondi a Norris, sembra che abbia compiuto un’impresa irripetibile. In realtà il distacco finale è frutto delle caratteristiche del tracciato e delle scelte di assetto, non solo di un colpo di genio. Questo non toglie nulla alla grandezza del suo weekend, solo evitiamo di cadere nella retorica.
La vera domanda dovrebbe essere un’altra: come mai la Ferrari, con una gara pulita e senza imprevisti, ha chiuso a 25 secondi? Un interrogativo che pochi si pongono, preferendo continuare a considerare Leclerc capace di miracoli e Norris un semplice beneficiario di una macchina superiore.
Infine, una nota sul pubblico italiano: appassionato, caloroso, ma anche contraddittorio. Fischi a Norris, cori contro Max e, nello stesso weekend, ovazioni per Hamilton. Una scenografia che ormai è parte integrante del Gran Premio d’Italia, nel bene e nel male.
© Simone Marchetti Cavalieri