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COSA CI DICE DAVVERO QUESTA 24 ORE DI LE MANS

  • Immagine del redattore: Simone Marchetti Cavalieri
    Simone Marchetti Cavalieri
  • 18 giu
  • Tempo di lettura: 3 min


Diciamolo subito: l’ultima 24 Ore di Le Mans è stata una grande gara. Combattuta, intensa, quasi priva di interruzioni (una sola safety car in 24 ore), giocata fino in fondo sul ritmo e sulle strategie. Lo spettacolo non è mancato, e su questo non ci sono dubbi.


Ma veniamo al punto. Analizzando la scala di valori, era chiaro che la Ferrari fosse la favorita. L’avevo scritto e ribadito più volte, anche rispondendo a chi, dopo le libere e le qualifiche, si diceva preoccupato per i tempi delle 499P: la realtà è che non avevano motivo di scoprirsi, perché erano già davanti. E così è stato.


Il risultato è eccellente: tre vittorie consecutive a Le Mans, imbattuti in tutte le gare del Mondiale 2025 fino ad ora. Ma la prestazione in gara? Quella, francamente, no. Non è stata all’altezza del dominio che i titoli possono far credere. Anzi, in certi momenti sembrava che Ferrari stesse facendo di tutto per complicarsi la vita. E lo ha fatto.


Troppi errori. Alcuni evitabili, altri inspiegabili. Un ingresso ai box oltre il limite dopo giorni di prove? Team radio pieni di lamentele tra compagni per farsi cedere la posizione? Comprensibile, forse, ma non per interi stint. Non in una gara che si gioca su decimi e dettagli, con gli avversari pronti ad approfittarne. Nemmeno la Toyota, quando correva praticamente da sola, si incartava così.


Alla fine, la #83 ha vinto. Ma va detto chiaramente: senza un pilota come Robert Kubica a bordo, oggi staremmo parlando di un’altra storia. Ye e Hanson sono stati solidi, sì, ma il ritmo ce l’aveva solo lui. E con la #51 in difficoltà e la #50 neutralizzata dal box, il rischio di perdere c’era, eccome. Bastava poco, e ci saremmo ritrovati con Estre a trionfare.


Parliamo proprio di Porsche. Nelle analisi pre-gara sostenevo che la #6 poteva impensierire Ferrari, anche se partiva ultima. Avevo consigliato di seguire l’onboard, convinto che il primo stint sarebbe stato spettacolare. Così è stato. Far partire Estre invece di Vanthoor è stata una mossa perfetta. Il francese era in stato di grazia. Quando gira così, è tra i migliori del WEC, senza dubbio.


Ma la differenza tra Ferrari e Porsche è nei numeri. Le 499P avevano un assetto più equilibrato, più “guidabile”. Nel secondo e terzo settore erano nettamente superiori. Non a caso, Ferrari ha puntato su una macchina più completa, mentre Porsche ha cercato la velocità di punta. Ma senza aggiornamenti di potenza rispetto al 2024 (come anche Peugeot), il divario si è sentito. E lo si è visto: la #5 e la #4, partite bene, sono progressivamente sparite dai radar. La #6 ha fatto tutto alla perfezione, senza sbavature, senza penalità, con tre piloti sempre all’altezza. Ma non è bastato. E questa è forse la prova più evidente che Ferrari aveva tra le mani una vettura semplicemente superiore.


Cadillac e BMW hanno mostrato buone cose, ma solo a tratti. Cadillac, in particolare, è mancata nella velocità massima, e a Le Mans questo è un limite insormontabile, soprattutto con uno schieramento così compatto. Toyota, dal canto suo, ha fatto quello che poteva con la #8, ma non ne aveva abbastanza. Forse è ora di smettere di considerare la GR010 come una macchina capace di fare un secondo al giro a tutti.


Alpine ha deluso. Ma c’è da dire che Schumacher ha fatto un gran lavoro: più veloce dei suoi compagni, costante, efficace. Aston Martin ha avuto qualche sprazzo di competitività, mentre Peugeot — con un BoP più generoso — avrebbe potuto dire la sua.


E qui arriva il nodo vero: il Balance of Performance. Dopo quattro gare, è difficile negare che qualcosa non stia funzionando. Sì, ognuno continuerà a vedere ciò che vuole. Ma chi riesce a prevedere l’andamento delle gare semplicemente leggendo il BoP, senza nemmeno aspettare i risultati, forse ha ragione a dubitare dell’equilibrio attuale.


Non è un’accusa. Non è un complotto. È un’osservazione basata sui fatti. Se un sistema serve per equilibrare le performance, ma continua a generare scenari prevedibili e squilibri evidenti, forse è il caso di ripensarlo. Senza accuse e senza polemiche.



© Simone Marchetti Cavalieri

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