CHARLES LECLERC E LA RIVOLUZIONE DEL TIFO FERRARISTA
- Simone Marchetti Cavalieri

- 22 mag
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Da quando seguo la Formula 1, non ricordo un altro pilota Ferrari aver goduto di un trattamento simile a quello riservato oggi a Charles Leclerc. L'affetto dei tifosi per il monegasco è immenso, quasi incondizionato, tanto da farlo entrare di diritto nel ristretto gruppo dei più amati di sempre ad aver vestito il rosso. Non è una dinamica nuova: Gilles Villeneuve continua a essere venerato a distanza di decenni, e anche Jean Alesi — nonostante un palmarès povero — è stato per anni osannato.
Questo tipo di tifo passionale ha attraversato tutte le ere della Scuderia. Ma se guardiamo alla narrazione mediatica, qualcosa è cambiato. In passato, l’accoglienza calorosa riservata ai nuovi arrivati a Maranello cedeva spesso il passo a critiche severe non appena i risultati non arrivavano.
Schumacher, per esempio, veniva scrutato in ogni dettaglio, e non bastavano le vittorie per metterlo al riparo dalle polemiche: bastava che non parlasse italiano fluentemente per sollevare malumori. Kimi Räikkönen è stato spesso ridotto a una caricatura: freddo, svogliato, quasi apatico — eppure è ancora l’ultimo ad aver portato a casa un titolo con la Ferrari. Vettel, arrivato anch’egli con l’aura del predestinato, ha perso credito nel giro di una sola stagione sbagliata.
Con Leclerc, invece, si è assistito a un’inversione netta. È la Ferrari ad essere costantemente sotto processo, come se non fosse all’altezza del talento del suo pilota. Non è lui a dover rispondere delle proprie performance: è il team che deve giustificarsi per non avergli dato una macchina vincente. Dopo sette stagioni, questa frustrazione ha preso piede anche tra gli addetti ai lavori. Giornalisti, commentatori e opinionisti sembrano ormai fare quadrato attorno a Charles, in un coro unanime che invoca — ad ogni occasione — una vettura finalmente all’altezza.
Il paragone continuo con Verstappen alimenta ulteriormente questa narrativa. C’è l’idea diffusa che Leclerc sia l’unico in grado di competere alla pari con Max, se solo avesse una monoposto competitiva. Ma questa convinzione si basa più su potenzialità percepite che su risultati concreti. Al momento, l’unico che sia riuscito davvero a tenere testa all’olandese in una lotta iridata, porta il numero 44.
Il weekend di Imola ha messo in luce questo fenomeno in modo emblematico. Sembrava quasi che tutta la cronaca della gara ruotasse attorno a Leclerc: continue inquadrature, proiezioni ottimistiche, calcoli per immaginare dove potesse arrivare. Qualcuno lo inseriva addirittura nella lotta per la vittoria, nonostante Piastri — su strategia simile — fosse sei secondi più avanti, Verstappen volasse con mezzo minuto di vantaggio, e Norris avesse comunque un margine di sicurezza nel pit stop finale. La questione della mancata sosta per montare le gomme rosse, poi, è stata presentata quasi come un torto subito, salvo poi scoprire che lo stesso Charles non aveva voluto fermarsi.
Questo atteggiamento non è un caso isolato. Da tempo si nota una narrazione fortemente sbilanciata a favore del pilota, anche a scapito della squadra. Il mantra “dategli una macchina” è diventato una sorta di formula rituale, ripetuta a ogni gara. Eppure, se prendessimo la Ferrari del 2024 e la affidassimo a Verstappen, è lecito pensare che l’olandese avrebbe comunque vinto il mondiale. Non sarebbe finito dietro le Mercedes a Spa, né avrebbe subito certi sorpassi a Baku.
Che la Ferrari abbia responsabilità enormi negli insuccessi recenti è evidente. Non ha mai avuto, in questi anni, una vettura capace di giocarsi il titolo fino in fondo. Ma mai come ora si è vista una tale unità di opinione pubblica e mediatica a difesa di un singolo pilota, al punto da mettere la Scuderia in secondo piano.
Un tempo, la regola non scritta era chiara: la Ferrari viene prima di tutto. Oggi, invece, sembra che il team corra per valorizzare la carriera di Leclerc. È un cambio di prospettiva profondo. E forse ci dice molto su come sia cambiato il modo di seguire la Formula 1.
© Simone Marchetti Cavalieri

