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CADILLAC TRIONFA AD INTERLAGOS: DOMINIO MERITATO MA IL BOP CONTINUA A FAR DISCUTERE

  • Immagine del redattore: Simone Marchetti Cavalieri
    Simone Marchetti Cavalieri
  • 14 lug
  • Tempo di lettura: 3 min

Aggiornamento: 30 lug

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Cadillac conquista finalmente una tappa del mondiale endurance, centrando una vittoria costruita con precisione e costanza grazie all’ottima prestazione di Nato, Lynn e Stevens. Dopo aver guidato la prima ora e mezza della corsa, la Porsche #5 ha dovuto accontentarsi del terzo gradino del podio, preceduta non solo dalla Cadillac vincente ma anche dalla vettura gemella, la #6 di Estre e Vanthoor. Per le 963 il vero problema si è manifestato durante il secondo stint: con gomme usate, il passo gara è crollato e non ha retto il confronto con le LMDh statunitensi.


BMW chiude in quinta posizione, riuscendo a superare all’ultimo respiro la Peugeot #94. Ottava invece la prima Ferrari al traguardo, ovvero quella “clienti” gestita da AF Corse, ancora una volta più concreta e competitiva rispetto alle due vetture ufficiali di Maranello. Subito dietro, l’Alpine #36 con uno Schumacher scatenato nell’ultima parte di gara: giro dopo giro, il pilota tedesco ha limato quasi un secondo su Ye, mostrando un passo eccezionale.


Molto più staccate, fuori dalla top ten, le due 499P ufficiali. Come già previsto, la loro gara è stata tutt’altro che pulita: qualche errore di troppo e un passo mai all’altezza, soprattutto se paragonato a quello della “gemella” gialla di AF Corse. La vera debacle però riguarda Toyota: le due GR010 hanno concluso solo in quattordicesima e quindicesima posizione, alle spalle persino della prima Aston Martin. Il loro tempo sul giro è stato il peggiore in assoluto, con un distacco massimo dalla Cadillac che ha sfiorato i due secondi. E pensare che, esattamente un anno fa su questo stesso tracciato, avevano dominato incontrastate.


Per la quinta gara consecutiva, il Balance of Performance si dimostra quantomeno controverso. Vedere le Toyota dietro un’Aston Martin è difficile da giustificare, così come lo è il trattamento riservato alle Ferrari. È vero che la 499P ha mostrato passi avanti significativi nel 2025 — in particolare sul degrado gomma, aspetto cruciale a San Paolo — ma partendo da una prestazione poco brillante dodici mesi fa, era lecito aspettarsi un BoP almeno in linea con quello del 2024, se non più favorevole.


Invece, la penalizzazione è stata pesante: 9 kg in più di peso rispetto all’edizione precedente, ma soprattutto 23 kW di potenza in meno sotto i 250 km/h. Su un tracciato tecnico e impegnativo come Interlagos, dove la trazione e la ripresa fanno la differenza, è stato un colpo troppo duro per una LMH che, pur migliorata, non poteva competere ad armi pari.


La situazione della Toyota è ancor più estrema. La GR010 è stata nettamente la vettura più lenta in pista, finendo battuta anche da team che finora non avevano rappresentato alcun riferimento nella categoria. È vero che il dominio del 2024 andava bilanciato, ma nel 2025 Toyota ha già mostrato segni di difficoltà, complice anche la crescita evidente degli avversari. Eppure, anche in questo caso, il BoP ha colpito duramente, soprattutto in termini di potenza.


Al contrario, Cadillac ha ricevuto un trattamento pressoché invariato rispetto all’anno scorso, quando già aveva dimostrato una certa affinità con il tracciato brasiliano. La differenza, quest’anno, è che la casa americana può contare su due vetture competitive e un team totalmente concentrato sul WEC. I risultati parlano da soli.


Quanto a Porsche, il 2025 sembra segnare una lieve involuzione. Le 963 restano performanti, ma danno sempre più la sensazione di perdere terreno nel confronto diretto con le rivali.


Dall’inizio della stagione il BoP 2025 continua a suscitare dubbi. Le promesse fatte in inverno — maggiore equilibrio, più dati, totale convergenza prestazionale — sembrano essere rimaste sulla carta. In pista, il risultato è spesso l’opposto: discrepanze troppo evidenti, penalizzazioni che non seguono una logica coerente e un algoritmo che, almeno per chi guarda da fuori, appare completamente fuori fase.


Cinque gare, cinque episodi discutibili. E una domanda che resta senza risposta: come funziona davvero questo fantomatico algoritmo messo a punto da FIA e ACO?



© Simone Marchetti Cavalieri

 
 

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