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BRIEFING F1: GP ARABIA SAUDITA

  • Immagine del redattore: Simone Marchetti Cavalieri
    Simone Marchetti Cavalieri
  • 18 apr
  • Tempo di lettura: 3 min


Il tour iniziato in Giappone arriva alla sua conclusione sul circuito cittadino di Jeddah, uno dei più insidiosi dell’intero calendario. Un tracciato pensato per lo spettacolo, che però somiglia più a una macchina mangia-budget che a una pista di gara: basta una sbavatura e la tua gara, oltre che il bilancio del team, può andare in frantumi. È il prototipo del circuito cittadino moderno: veloce, imprevedibile e con un alto potenziale di caos – perfetto per tenere vive le gare con l’aiuto (quasi garantito) della safety car.


Il paddock ci arriva in una situazione a dir poco tesa. Alcuni piloti sembrano vicini al punto di rottura, e i risultati stentano ad arrivare.


Lando Norris è uno di quelli che ha molto da dimostrare. Ha a disposizione una McLaren estremamente competitiva, la migliore del gruppo in questo momento, ma sembra ancora troppo insicuro per sfruttarla al massimo. Qualifiche sbagliate e gare complicate sono diventate una costante. A volte basta poco – partire davanti, restare fuori dai guai – per cambiare un’intera stagione. Ma quel “poco” sembra ancora fuori portata.


Dopo una buona prestazione nella sprint in Cina, Lewis Hamilton è tornato nell’ombra. Il passaggio in Ferrari è stato finora caratterizzato da alti e bassi. Si parla di difficoltà nel trovare il giusto feeling con la power unit e con la frenata rigenerativa, ma a conti fatti l’adattamento è più lento di quanto ci si aspettasse da un sette volte campione del mondo. E quando sei Lewis Hamilton, l’anonimato non è mai tollerato: ogni problema tecnico si somma al peso delle aspettative e a una pressione mediatica che non dà tregua. Anche per lui, forse, il fattore età comincia a farsi sentire?


Fernando Alonso, dal canto suo, combatte con le armi spuntate. La sua Aston Martin non è competitiva, e la differenza la fa quasi tutta il pilota. Ma c’è da chiedersi quanto senso abbia, a 43 anni, continuare a lottare per piazzamenti minori. Certo, la passione non si discute, ma vederlo battuto regolarmente da un compagno di squadra senza particolari lampi non è certo la conclusione ideale per una carriera come la sua.


Il passaggio di Carlos Sainz alla Williams – che avrebbe dovuto rappresentare un nuovo inizio – si sta rivelando quasi un incubo. Prestazioni deludenti, difficoltà evidenti e nessun appiglio credibile a cui aggrapparsi. Non può usare l’età come giustificazione, e il talento non gli è mai mancato. Eppure, per ora, resta invisibile. Serve una scossa, e in fretta.


Nel mondo Red Bull, invece, nulla cambia: Verstappen è un universo a parte, mentre tutti gli altri sembrano semplici comparse. La struttura attorno all’olandese è talmente centrata su di lui che diventa difficile per chiunque emergere. Cercare un altro Max ogni cinque anni è un’illusione, e nel frattempo chi gli sta accanto è destinato a rimanere nell’ombra. Pur riconoscendo a Tsunoda il fatto di essersi adattato oltre le (basse) aspettative.


Il tracciato saudita non perdona. Qui, la qualifica può decidere più della metà della gara. La Ferrari potrebbe trovarsi a suo agio, grazie ai curvoni veloci e all’asfalto liscio che mitiga i limiti di un progetto che resta ancora un interrogativo – la famosa coperta corta, difficile da allungare senza scoprire qualcosa.


La sfida principale per i team sarà azzeccare il setup nelle libere, che si disputeranno in condizioni molto diverse da quelle di gara. Inoltre, con le mescole più morbide portate da Pirelli, la gestione delle gomme sarà un rebus, con il rischio graining sempre dietro l’angolo. Come se non bastasse, ogni strategia potrà essere sconvolta da una safety car improvvisa, che a Jeddah non è mai un’eventualità remota.


Nonostante (o forse grazie a) tutte queste incognite, Jeddah resta una delle piste più adatte allo spettacolo. Non sempre genuino, ma certamente adrenalinico. Ogni giro può portare a colpi di scena, e per alcuni potrebbe essere l’occasione giusta per prendersi una rivincita o almeno respirare un po’ di sollievo dalle critiche.


Ogni riferimento, ovviamente, è tutto fuorché casuale.



© Simone Marchetti Cavalieri

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