ALPINE VINCE AL FUJI, IL BOP MOSTRA TUTTI I SUOI LIMITI
- Simone Marchetti Cavalieri
- 29 set
- Tempo di lettura: 3 min

La 6 Ore del Fuji è stata una gara ricca di emozioni: sorpassi, imprevisti, strategie azzardate e ribaltoni, insomma tutto ciò che il WEC ci ha ormai abituato a vedere. A uscire trionfante è stata Alpine, che dopo la delusione di Austin ha trovato il riscatto. Le caratteristiche della A424, più orientate all’efficienza aerodinamica che al carico, non hanno penalizzato i piloti sul tracciato giapponese come invece era accaduto sotto il diluvio texano. Una safety car arrivata nel momento giusto ha riportato la squadra in corsa, e la decisione di cambiare solo due gomme nell’ultimo pit stop si è rivelata vincente: undercut riuscito su Peugeot e Porsche e vittoria costruita con coraggio.
Peugeot partiva con i favori del pronostico e in parte li ha confermati, ma il degrado delle gomme resta un problema evidente, soprattutto su circuiti con basso grip. Porsche Penske, invece, si è confermata come uno dei team più solidi: la #6, partita dal fondo, era già tra i primi cinque dopo il primo pit stop. Vanthoor ha rimontato con intelligenza, poi l’incidente con Rast ha complicato tutto costringendo a cambiare l’ala posteriore. Da lì un’altra rimonta, con Estre scatenato nonostante le difficoltà croniche nei sorpassi. Alla fine il quarto posto della #5 ha permesso ai tedeschi di superare Cadillac in classifica e di mettere pressione alla Ferrari in vista del finale di stagione.
Cadillac, invece, ha deluso ancora: buone qualifiche seguite da gare sottotono, una costante di quest’anno salvo rare eccezioni. Toyota ha fatto esattamente quello che ci si aspettava, se non fosse per l’errore pesante che ha costretto la #8 a uno stop and go interminabile di tre minuti.
Il capitolo Ferrari merita un discorso a parte. Errori di guida, troppe penalità e una gestione di gara difficile da comprendere. Pier Guidi e la #51 hanno perso punti importanti in maniera ingenua tra Le Mans, Austin e Fuji, senza sfruttare il margine in classifica. Anche gli altri equipaggi non hanno massimizzato il potenziale: la #83 ad Austin, la #50 costretta a una gestione carburante esasperata in Giappone. Eppure, sul Fuji, il degrado gomme poteva essere un punto di forza della 499P, annullato però dalle numerose neutralizzazioni.
C’è poi un tema più ampio: il BoP. In Giappone si è visto chiaramente come dare troppa potenza extra a Peugeot e Aston, su una pista con un rettilineo di un chilometro e mezzo, significhi condannare Ferrari, Toyota e Porsche a prendersi rischi enormi. BMW, Cadillac e Alpine hanno limitato i danni, ma le 963, le 499P e le GR010 perdevano decine di metri in scia, senza possibilità di difendersi. Questo porta i piloti a tentare sorpassi forzati: chi ha meno da perdere, come Porsche, rischia e spesso riesce; chi invece deve gestire un campionato, come Ferrari, paga caro ogni errore. Sei ore di gara così, sempre sul filo, inevitabilmente portano a contatti e sbagli.
Nemmeno la velocissima #6 ha potuto nulla contro la Peugeot sul dritto. Dare un aiuto alle vetture meno competitive è giusto, ma va fatto con proporzione. Non è accettabile che un top team perda trenta metri a ogni uscita di curva: meglio bilanciare le prestazioni agendo sulla velocità di punta, non sulle accelerazioni intermedie.
Il 2025 sta offrendo spettacolo, ma anche tante storture regolamentari. L’auspicio è che serva almeno da banco di prova per un 2026 con un BoP più equilibrato, logico e trasparente. Perché il WEC non ha bisogno di forzature per emozionare: lo spettacolo in pista c’è già.
© Simone Marchetti Cavalieri